venerdì 22 agosto 2014

Il Dente del Gigante

L'Aiguille d'Entreves c'ha fatto capire che non si scherza quassù. Il freddo si sente, la quota anche, e le difficoltà non sono mai banali.
La sera prima ci studiamo le relazioni per il Dente, non senza qualche preoccupazione per quello che dovremo affrontare.
I canapi presenti sulla via non servono molto a rendere la scalata meno impegnativa: l'avvicinamento è serio, l'arrampicata anche, il rientro, dopo ore di salita, non è sicuramente da meno.
Decidiamo di mettere la sveglia presto, in modo da fare colazione alle 4.00 e di partire subito, anche perchè al rifugio nel frattempo sono arrivati diversi alpinisti e molti di questi con probabilità andranno sul Dente.
La salita è in effetti tosta, almeno per noi. Ghiacciaio, poi la temibile gengiva, la scalata, le doppie, nuovamente la gengiva e il ghiacciaio, il tutto in quota, ma in un ambiente che è veramente indescrivibile. Impiegheremo quasi tredici ore per tornare al Rifugio, come del resto anche altre cordate. La giornata sarà all'insegna del vento e del freddo intenso che, nonostante il cielo sereno, ci farà compagnia fino al ritorno.
Una vetta spettacolare, un'esperienza sfiancante ma davvero unica!

Accesso: Rifugio Torino (Courmayeur, AO)
Tempo di percorrenza: 13 ore
Dislivello: 600 metri
Difficoltà: D
Valutazione: *****

Al Rif. Torino ho la fortuna di dormire di fianco a una piccola finestra e appena mi sveglio noto quanto sia limpida la notte: il Dente del Gigante è un pinnacolo in mezzo al blu scuro del cielo.
Scendiamo a fare colazione stracarichi, ci scoliamo mille scatoline di miele e prepariamo gli zaini. Usciamo dal rifugio già legati e con i ramponi ai piedi, trovando facilmente la traccia che inizia a salire sul ghiacciaio.
Lo spettacolo delle cordate che ci precedono è impressionante, la scia delle lampade frontali illumina quasi interamente il percorso dell'avvicinamento, sono da poco passate le cinque e già alcuni sembrano essere arrivati nei pressi dell'attacco della via.

Le luci delle frontali illuminano l'avvicinamento

Il Dente è ancora molto lontano...

Procediamo con tutta calma lungo il ghiacciaio, con le pendenze che dopo poco iniziano ad aumentare: fortunatamente c'è un bel rigelo e si cammina molto bene.
Arriviamo al termine del ghiacciaio nei pressi di un colle sormontato da un grosso gendarme, al quale arriviamo salendo per un canale di neve e ghiaccio a 60°.
Intanto sta albeggiando e alla nostra destra il Bianco si infiamma. Lo spettacolo ci lascia immobili, una marea di vette rosse del primo sole, gli immensi ghiacciai, i giochi di luce sui crepacci, e noi con una picca e una corda in mezzo a tutto questo.
Facciamo qualche foto e beviamo qualcosa, per ripartire lungo il pendio di misto che conduce alla Salle a Manger, punto di attacco della via.

Inizia ad albeggiare

Aiguille Noire de Peuterey

Qui bisogna stare in campana: andiamo in conserva, si procede su neve, ghiaccio, misto, tra sfasciumi e blocchi. Le pendenze ci sono, alcuni tratti sono anche abbastanza esposti, assicuriamo la progressione sfruttando qualche spuntone, ma sappiamo bene che dobbiamo essere fermi di piede.
Un ultimo passo su una strettissima cengia di neve (occhio!) ci porta a destinazione: dopo circa due ore e mezza dalla partenza dal rifugio siamo alla base del Dente del Gigante, con un vento freddissimo e anche abbastanza forte che ci fa indossare tutto quello che abbiamo a disposizione.

Passi esposti lungo la gengiva

Il tempo di mangiare qualcosa e iniziamo a prepararci per arrampicare, di infilare le scarpette con questo freddo non se ne parla nemmeno, si va con gli scarponi.
Mentre ci leghiamo incrociamo una cordata di ragazzi stranieri in ritirata: troppo freddo, ci dicono, hanno salito il primo tiro ma si sono calati, come altri prima di loro.
Noi ci proviamo, in breve siamo pronti a partire. Siamo in tre, decidiamo di alternarci al comando per andare al meglio.
Il primo tiro è un traverso di una quindicina di metri (corda fissa molto logora), che conduce su uno spigolo dove fortunatamente batte qualche raggio di sole (III).
La seconda lunghezza è più impegnativa (IV), ma alcune corde fisse in condizioni indecenti aiutano nella progressione. Si sale di una quindicina di metri fino ad una sosta abbastanza scomoda.
Il terzo tiro non è attrezzato con corde fisse ed è di 45 metri circa (IV). Si sale lungo un canale nel quale troviamo ancora neve, si protegge facilmente con qualche friends, utilizzando un paio di soste presenti lungo il tiro. Si arriva in sosta per un ripido diedro (al termine del quale si trova un canapo) o aggirando lo stesso sulla sinistra (chiodo). In questo secondo caso attenzione all'attrito delle corde.
Da qui hanno inizio le placche Burgener, una distesa di granito verticale fessurato e attrezzato con corde fisse.

Molta neve in via

Placche Burgener

La quarta lunghezza procede lungo la linea del canapone, sfruttando gli ancoraggi di questo per le rinviate, in libera è un V pieno, quasi 50 metri di tiro e si sosta molto scomodamente sulla sinistra di uno spigolo appena accennato.
Da qui per il quinto tiro, inizialmente in traverso verso destra, poi con passaggio atletico sulle fisse (in libera forse V+, duro) fino ad un terrazzino (30 metri).
Ora sulla sesta lunghezza, circa 20 metri, sempre con corde fisse, andando a sostare su un altro terrazzino in massima esposizione.

Il secondo tiro sulle placche Burgener

Terrazzino per sostare

Il Mer de Glace

Il settimo tiro, su cresta, conduce alla base della Punta Sella, una delle due vette del Dente del Gigante (20 metri, un paio di friend incastrati).
Per raggiungere Punta Graham occorre ora traversare (esposto) verso destra, per scendere poi con l'aiuto di un cordino fisso alla cresta che divide le due cime. Qui, ora con l'aiuto di un ultimo canapo, si raggiunge un terrazzino posto poco sotto la vetta, sulla quale si sale con un ultimo passo.
La vista intorno è un sogno, il Mer de Glace che si snoda sotto di noi, il Bianco davanti, e intorno tutte le cime del gruppo, in lontananza si scorge il Cervino, il Rosa, il Gran Paradiso. Una cordata di ragazzi austriaci che ci aveva seguito lungo la salita ci raggiunge in vetta, ci stringiamo la mano nel vento gelido che ci ha accompagnato per tutta la via e ci prepariamo a scendere.

Risalendo alla seconda punta di vetta

L'Aiguille de Rochefort dalla vetta del Dente del Gigante

Da Punta Graham verso Punta Sella

Sotto la prima cima si trova la prima sosta per le calate (che si possono fare anche lungo la normale, con il rischio però di intrecciarsi con le altre cordate in via), che con circa 45 metri ci deposita ad una seconda sosta (scomoda è dir poco).
Da qui con circa 55 metri di calata si raggiunge la sosta per la terza doppia (questa di altri 45 metri) che conduce alla base del Dente, poco distante dalla nicchia in cui avevamo lasciato gli zaini all'andata.

Ultima aerea doppia

Una barretta e un sorso d'acqua e ci prepariamo svelti alla discesa lungo la gengiva, forse la parte più impegnativa della giornata.
Siamo stanchi, la neve è ormai instabile e bisogna disarrampicare su terreno misto. Scendiamo un po'legati in conserva, cercando di fare massima attenzione alla neve che cede ed ai blocchi instabili. Arrivati a un tratto più ripido ci basta un'occhiata: un cordino attorno a uno spuntone, piastrina, doppie. Si perde qualche minuto in più ma si scende sicuri. Facciamo tre calate prima di arrivare nei pressi del gendarme che avevamo toccato diverse ore prima, scendiamo sciolti per il canale e ci leghiamo di nuovo in conserva sul ghiacciaio.
Contiamo quasi tredici ore dalla partenza quando arriviamo ancora legati al Rif. Torino, dobbiamo ancora realizzare quello che è successo nella giornata, siamo bolliti ma contenti che tutto abbia funzionato come doveva.
Stupendo!

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