venerdì 3 luglio 2015

Palù Occidentale, Sperone Zippert

Non sempre quello che si trova scritto nelle relazioni corrisponde alla realtà.
Sulla carta, perlomeno quella della guida CAI-TCI, la salita dello sperone Zippert al Palù occidentale è valutata D-: pendii di neve a 60° nella parte inferiore e misto facile (II, pass. III) in alto.
L'idea che mi sono fatto è che le condizioni generali del luogo, da quando Zippert salì la cresta, il 31 luglio del 1899 (o comunque da una decina di anni fa) sono nel tempo molto cambiate.
La salita che ci siamo trovati di fronte è stata in realtà un viaggio decisamente impegnativo. Pendii fino a 60° in basso (e va bene), ma nella parte superiore di banale c'era ben poco.
Molti passaggi su roccia, e sicuramente non di terzo grado.
Pensavamo di fare al massimo un paio di tiri di corda, ma ci siamo trovati a doverne fare per tutta la parte alta della via sino in vetta.
Tempistica indescrivibile, usciti dal Diavolezza col buio del mattino siamo rientrati accendendo le frontali. 
Una bella prova di nervi saldi insomma, che però non ci ha fatto perdere la grandiosità dell'ambiente nè la soddisfazione di essere stati in grado di cavarci fuori anche da difficoltà non previste.

Accesso: Capanna Diavolezza (Svizzera)
Tempo di percorrenza: troppo!
Dislivello: 800 metri la via, 1300 circa in totale
Difficoltà: D+/TD-, pendii di neve a 60°, pass. misto fino a IV 
Valutazione: ***


Il Rifugio Diavolezza è un hotel di lusso, a poco più di 2900 metri di quota.
Per chi volesse andare consiglio di portare almeno scorte di acqua da bere, visti i clamorosi prezzi praticati (10 Euro per una bottiglia, noi fortunatamente avevamo portato una cassa da valle).
Superato in auto Passo Bernina, si prosegue per qualche chilometro lungo la statale fino al grande parcheggio da dove parte la cabinovia per il rifugio (o, volendo, anche il sentiero).
Dalla balconata su cui è posto il rifugio la vista è eccezionale. Il Bernina, i Palù, e ovviamente la via che saliremo il giorno dopo.

I Palù dal Rif. Diavolezza

Lo sperone Zippert

Su ogni sperone dei Palù corre una via, sul primo da sinistra passa la Kuffner, sul centrale la Bumiller, su quello occidentale la Zippert, probabilmente la più lunga delle tre, intermedia come difficoltà.
In un clima da film di Carlo Vanzina ceniamo al rifugio, riempiamo i thermos e ci infiliamo a letto puntando la sveglia alle 3.00 del mattino.
L'alzataccia, come sempre, coinvolge tutta la camerata, tra rumore di ferraglia infilata negli zaini e qualche suono probabilmente meno elegante.
Colazione, imbraghi, frontali, e alle 4 iniziamo a scendere per esile traccia e sfasciumi dalla balconata prospicente il rifugio.
In pochi minuti siamo al ghiacciaio e iniziamo a legarci per la traversata verso l'attacco dello sperone; c'è un po'di neve, i crepacci si vedono bene e la camminata inizia nel migliore dei modi, con l'alba che comincia a tingere di rosa l'aria e le vette intorno.
Attraversiamo tutto il ghiacciaio (occhio, qualche crepaccio longitudinale) fino a raggiungere la grossa terminale all'attacco della parete, dove ci fermiamo qualche minuto a sistemare i materiali per la salita.
Attraversiamo la terminale passando su un ponte di neve che pare abbastanza stabile, traversando poi verso sinistra per imboccare un canale che in breve conduce dentro il grosso canalone che caratterizza la prima parte della via.
La neve, che qui non è delle migliori, diventa eccellente e compattissima appena raggiunto il canale principale, che seguiremo per circa 400 metri.

Lungo canalone su cui corre la prima parte della via

Saliamo in conserva, superando un paio di risalti appena più ripidi nella parte iniziale (possibilità di infilare un paio di friends nelle rocce ai lati), sotto le scariche di neve con cui ci innaffia una cordata di svizzeri che ci precede.
Le picche entrano bene e senza problemi arriviamo al termine del canale, in corrispondenza di una selletta, dove sostiamo per mangiare qualcosa al sole.

Verso la sella al termine del canale

Inizia qui la parte alta della via, quella che in teoria dovrebbe opporre qualche passo di misto, II, max III.
Seguiamo la cresta per una sessantina di metri senza particolari difficoltà, sostando su un chiodo dal quale partiamo per un'altra lunghezza di corda.
Al termine di questa, vedendo cosa ci troviamo di fronte, iniziamo fortemente a dubitare che i passaggi siano effettivamente di terzo grado: fessura obliqua, passo strapiombante, placca su cui usare i ramponi in aderenza. Almeno IV, se non qualcosa in più!

Un tratto di arrampicata non proprio banale...

La via prosegue superando risalti di roccia (non sempre ottima) intervallati da tratti di cresta nevosa affilatissima.
Qualche possibilità di protezione c'è, ma si va molto, molto lunghi e non ci pare il caso di andare in conserva; intanto il sole inizia a spappolare la neve della cresta rendendo alcuni passi abbastanza insidiosi.
Continuiamo quindi a salire facendo tiri di corda, attrezzando tutte le soste ed arrangiandoci un po'quando non si trova nulla di buono per sostare; siamo lenti, gli svizzeri sopra di noi guadagnano distanza, ma non è una corsa e cerchiamo di non fare passi falsi su difficoltà che si rivelano maggiori del previsto.

Tratti nevosi affilati

Tiri lungo la parte alta della via

Alla base di un ennesimo risalto roccioso, dove già a vista si vede che l'arrampicata non sarà per nulla banale, decido persino di sfoderare il chiodo lungo, finora rimasto custodito nel cappuccio dello zaino.
Meno come un ossesso con il martello della picca e infilo dodici centimetri di lama in una fessura; il chiodo "canta" alla perfezione ed è rimasto li, magari farà comodo a qualcuno in futuro.
Il passo è in effetti duro, forse il più tosto della via, ma siamo ormai quasi arrivati. Ancora qualche roccetta, qualche tratto di cresta, fino a quando, coperto da uno sperone roccioso, non sento le grida del compagno che, dopo circa una decina di tiri di corda, è finalmente in vetta.
Lo raggiungo un po'stordito, poi acqua, cioccolato, e finalmente possiamo guardarci intorno: 3823 metri, è stata dura ma ci siamo arrivati.

Vetta del Palù occidentale!

I compagni sull'ultimo tratto della via

Aspettiamo gli altri e ci prepariamo per la discesa. Le difficoltà non sono finite, siamo stanchi e bisogna stare in campana.
La discesa avviene per la via normale, compiendo l'intera traversata dei Palù.
Si raggiunge prima il Palù centrale, passando per una affilata cresta di roccia in saliscendi, al termine della quale si risale l'evidente e più facile panettone sommitale.

Bernina

Camminare!

Le affilate creste della normale

Da qui, per un'affilata cresta di neve, si giunge poco sotto la vetta del Palù orientale, dalla quale si imbocca un'altra aerea cresta nevosa che al termine volge a sinistra, iniziando a scendere fino ad una evidente sella.
Ora, sempre seguendo la via normale, si prosegue lungo il ghiacciaio, passando in mezzo ad alcune enormi seraccate (occhio a qualche crepaccio) fino a raggiungere il grande plateau finale, attraversato il quale si arriva ad una grossa sella rocciosa, dove finalmente sciogliersi e togliere i ramponi.

La lunga via normale per il rientro

Si risale adesso la sella verso sinistra, raggiungendo la sommità del picco sovrastante e proseguendo con un lungo traverso su traccia evidente tra sfasciumi.
Sempre seguendo la traccia, si prosegue con saliscendi fino ad arrivare in vista di un impianto di risalita, nei pressi del quale si trova il Rif. Diavolezza.
Arriviamo a destinazione accendendo, anche se per pochi minuti, le frontali. 
Siamo stati lenti, eccessivamente lenti, ma siamo riusciti a mantenere la calma e ad uscire dalle difficoltà. 
Ambiente impagabile, che stavolta c'ha fatto penare più del previsto, ma può capitare. Dopo diciotto ore, cucina del rifugio chiusa, non ci resta che meditare un po'sulla lunga giornata, infilandoci diretti a letto perchè l'ultima cabina della funivia è partita ormai da un bel pezzo!

1 commento:

  1. Grazie di aver usato alcune mie foto, ma ancora di più per essere stato mio compagno di cordata: un Mito!
    Ambiente ed estetica della via sublimi,.. l'unica pecca è stata a tratti, la qualità della neve, che ha senz' altro contribuito ad elevare le già mendaci difficoltà della via! A presto!
    Pilati Riccardo

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